DEFINIZIONE
Si definisce Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica (AOCP) quel processo di invecchiamento della parete vascolare arteriosa con conseguente formazione di aggregati fibrocalcifici (placche aterosclerotiche) che determinano un progressivo restringimento del lume arterioso con conseguente diminuizione del flusso sanguigno a valle del segmento malato.
L'AOCP è stata classificata dal punto di vista clinico da Leriche-Fontaine in 4 stadi:
I: stadio preclinico in cui sono presenti lesioni a carico del circolo arterioso, ma la sintomatologia si limita a sensazioni di ipotonia o ipotrofia dell'arto interessato.
II: comparsa della claudicatio intermittens, viene ulteriormente suddiviso in IIa e IIb a seconda che l'intervallo libero di marcia si amaggiore o minore di 100m.
III: comparsa di dolori a riposo.
IV: comparsa di lesioni trofiche (fa eccezione il paziente diabetico che può presentare lesioni trofiche ad eziologia neuropatica in uno stadio più precoce).
ISCHEMIA CRITICA
Si definisce Ischemia Critica la condizione clinica che comporta la presenza di dolore a riposo che perdura per più di 2 settimane, che necessita regolarmente di analgesici ed in cui la pressione registrata a livello di caviglia sia inferiore a 50 mmHg o a livello del I dito del piede sia inferiore a 30 mmHg.
Possono, inoltre, essere presenti lesioni trofiche.
EZIOPATOGENESI
Il danneggiamento della parete arteriosa causato da fattori esogeni (fumo) o endogeni (iperlipidemia, ipertensione arteriosa...) porta alla formazione di ateromi che progressivamente aumentano di dimensione andando ad occupare il lume arterioso e provocando una progressiva sclerosi della parete arteriosa con conseguente deficit di flusso nei territori a valle.
Esistono inoltre patologie autoimmuni (vasculiti) che provocano un'infiammazione della parete arteriosa con progressivo restringimento del lume vasale ed impoverimento dell'albero arterioso. Tra queste ricordiamo:
- Morbo di Buerger.
- Malattia di Takayasu.
- Fibrodisplasia Arteriosa.
- Arterite a cellule giganti.
Oltre ai numerosi fenomeni vasculitici associati a malattie autoimmuni come LES, M. di Behcet...
FATTORI DI RISCHIO
- Fumo.
- Diabete mellito.
- Ipertensione arteriosa.
- Dislipidemia.
- Iperomocisteinemia.
TARGET
Una valutazione precisa dell'incidenza di AOCP nella popolazione risulta difficile in quanto la malattia asintomatica o paucisintomatica nelle fasi iniziali (stadio I, IIa) comporta un adeguamento da parte del paziente delle proprie abitudini di vita (passando ad esempio da un lavoro attivo ad uno sedentario...) associato ad una autoprescrizione di farmaci (per lo più FANS).
La frequenza di AOCP aumenta con l'età.
Maggiore incidenza nei soggetti con storia di fumo attivo datata.
Più numerosi sono i fattori di rischio, tanto più precocemente si assiste alla comparsa di sintomi.
CLINICA
La maggior parte dei pazienti si rivolge al medico per comparsa di sintomatologia crampiforme durante la marcia (claudicatio intermittens).
All'esame obiettivo: assenza di polsi periferici.
Ipotermia distale.
Dolori a riposo con disturbi del sonno: caratteristica nelle fasi avanzate è l'impossibilità di riposare supini con la necessità di mettere gli arti inferiori in posizione declive (la gravità favorisce lo scorrimento distale del sangue in un albero arterioso fortemente compromesso).
Nei casi più avanzati si riscontra la presenza di lesioni trofiche.
Da notare che nei pazienti diabetici la presenza di neuropatia mascherando il dolore può portare ad un ritardo nella diagnosi con quadri di compromissione trofica già di rilievo.
DIAGNOSTICA STRUMENTALE
Indice pressorio caviglia/braccio ABI(Winsor): fornisce una valutazione quantitativa, sempre ripetibile del flusso e pertanto della gravità della patologia correlata alla sintomatologia riferita dal paziente.
ABI > 0.9: NORMALE
0.9 <ABI< 0.4: ISCHEMIA FUNZIONALE.
ABI < 0.4: ISCHEMIA CRITICA
TcPO2: rilievo della tensione di ossigeno, utile nella definizione della perfusione tissutale, riflette accuratamente il grado di ischemia presente.
TcPO2 > 60 mmHg: NORMALE
30<TcPO2<60 mmHg: ISCHEMIA FUNZIONALE (II Stadio L-F)
10<TcPO2<30 mmHg: ISCHEMIA MODERATA (IIb-III Stadio L-F)
TcPO2<10 mmHg: ISCHEMIA GRAVE (IV Stadio L-F)
TcPO2<20 mmHg: scarse possibilità di recupero tissutale.
20<TcPO2<40 mmHg: discrete possibilità di guarigione.
TcPO2>40 mmHg: sicura guarigione.
EcoColorDoppler: routinario nello studio preliminare e di follow up della patologia ostruttiva degli arti inferiori. Deve essere utilizzato come esame preliminare e/o alternativo all'angiografia nei casi in cui sia ipotizzabile una rivascolarizzazione.
AngioTC/AngioRM: alternative all'angiografia. Vi sono studi recenti volti a valutare l'attendibilità dell'angioRM in alternativa all'angiografia nel determinare la strategia chirurgica o endovacolare, è tuttavia ancora difficile la discriminazione tra stenosi serrata e ostruzione in segmenti altamente calcifici.
Angiografia: è un esame invasivo e gravato da un certo tasso di morbidità (0,1% di reazioni gravi al mezzo di contrasto) e mortalità (0,16%). Questa metodica non è indicata come esame di primo livello, ma è da riservarsi allo studio di soggetti in cui si possa presupporre un possibile trattamento endovascolare o in casi di diagnosi dubbia.
TRATTAMENTO
Il trattamento dell'Arteriopatia Obliterante Cronica Periferica consta di due branche: medica e chirurgica, quest'ultima ulteriormente suddivisa in chirurgica standard ed endovascolare.
La terapia medica viene riservata ai pazienti con patologia arteriopatica nelle fasi iniziali o con sintomatologia stabile e non invalidante, oppure in casi così avanzati da essere ormai nulla ogni possibilità di rivascolarizzazione. Essa inoltre integra sempre il trattamento chirurgico.
L'amputazione degli arti è riservata all'ultimo stadio della patologia arteriosa laddove nè la terapia chirurgica, nè la medica hanno più effetto ed il rischio di peggioramento sistemico delle condizioni cliniche comporta la scelta di sacrificare tessuti ormai privi di vitalità.
TRATTAMENTO MEDICO
Caposaldo della terapia medica delle arteriopatie è la correzione dei fattori di rischio:
stop fumo
controllo farmacologico dei valori pressori
adeguato controllo dei valori glicemici
terapia dietetica e/o farmacologica delle dislipidemie (statine...)
terapia vitaminica per la normalizzazione dei valori di omocisteina (vit B12, folati...).
L'esercizio fisico quotidiano, inoltre, appare il principale presidio non farmacologico disponibile.
La terapia farmacologica consta di due classi: Farmaci Vasodilatatori/Emoreologici e Antiaggreganti.
Tra gli antiaggreganti l'Acido AcetilSalicinico (ASA) rappresenta ancora la prima scelta.
Pazienti intolleranti all'ASA devono essere trattati con Tienopiridine (Ticlopidina, Clopidogrel...).
Tra i farmaci vasodilatatori sono da segnalare le Prostaglandine (Iloprost, Alprostadil alfaciclodestrina...), molto potenti e da somministrare per via endovenosa. Vengono riservate a trattamenti in ambienti ospedalieri di arteriopatie con scarsa possibilità di rivascolarizzazione o come coadiuvanti a terapie chirurgiche estreme.
I farmaci vasodilatatori/emoreologici domiciliari (buflomedil, pentoxifillina, cilostazolo...) sono di largo uso nonostante manchino severi studi clinici che ne comprovino l'efficacia. Tuttavia una certa percentuale di pazienti trova giovamento e miglioramento della sintomatologia durante la loro somministrazione.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
Consiste nel ristabilire l'adeguato apporto di sangue ai tessuti ischemici attraverso l'asportazione di ateromi steno-occludenti o saltando l'ostruzione con materiale protesico endogeno (vena) o esogeno (graft).
Nel primo caso parleremo di:
Tromboendoarterectomia (TEA)
la rimozione chirurgica della placca ateromasica permette di ristabilire il normale lume arterioso con buoni risultati di pervietà a breve e lungo termine
riservata a lesioni di breve estensione
privilegiati distretti "particolari", quali le biforcazioni.
Nel secondo caso parleremo di:
By pass
permette, attraverso l'interposizione di nuovi canali protesici, di superare ostruzioni lunghe
risultati a distanza condizionati dai distretti trattati (maggiore il diametro più lunga pervietà), dalla qualità dei distretti arteriosi a monte e a valle, dal materiale protesico utilizzato e dalla sua lunghezza.
TRATTAMENTO CHIRURGICO ENDOVASCOLARE
Permette di ristabilire l'adeguato apporto di sangue ai tessuti ischemici attraverso la ricanalizzazione endoluminale dei segmenti arteriosi ostruiti.
Vantaggiosa rispetto alla chirurgia tradizionale per i minori tempi di degenza e di recupero funzionale, mancando di fatto, la necessità di convalescenza per l'assenza di ferite.
Maggiori costi chirurgici per i materiali utilizzati, ma minori per i tempi di ospedalizzazione ridotti.
La maggior esperienza e "spregiudicatezza" degli operatori ha portato a compiere ricanalizzazioni estreme con salvataggio d'arto in pazienti un tempo condannati ad amputazioni per l'impossibilità di riuscita di intereventi tradizionali e fallimento di ogni terapia conservativa.
Da sottolineare, inoltre, il ruolo della tecnica endovascolare come completamento e supporto di interventi chirurgici standard che ne riduce l'invasività e ne migliora i risultati a distanza.